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Biblioteca Ariostea

FINIAMOLA! da 41 a 62

Ecco l'incipit

Era un bel sabato di primavera. Come tanti altri, per la verità; niente di particolare. Per prima cosa avevo preparato un’abbondante macedonia di frutta in una ciotola, come facevo ogni mattina ormai da anni. Lavare, pelare e tagliare a pezzetti la frutta di stagione mi aiutava ad affrontare la giornata con lo spirito giusto. Quasi un esercizio zen, anche se non so bene come funzionino queste pratiche orientali. Poi, avevo acceso il televisore per ascoltare le ultime notizie. Consueta intervista al logorroico politico di turno, classica oscillazione delle borse asiatiche, qualche brutto incidente stradale, il meteo del fine settimana. La solita solfa. Spensi la televisione e mi preparai per uscire. Prossime tappe: giornalaio, bar per un buon caffè e salto in biblioteca a riconsegnare un paio di libri appena terminati e a controllare le ultime novità letterarie. Inforcai la bicicletta e mi avviai, forte della convinzione che sarebbe stata una mattinata di tutto riposo, fisico e mentale.

Ed ecco i finali in rigoroso ordine di arrivo

Sergio Droghetti
 
Stavo per uscire dal cortile ma mi accorsi di stare dimenticando il mio smartphone. Tornai indietro, posai la bici e rientrai nell’androne del palazzo da dove, nel frattempo, usciva il condomino del terzo piano. Lo salutai in fretta e corsi su per le scale. Il mio appartamento é al primo piano, quindi non presi l’ascensore e feci i gradini, due alla volta cercando nel frattempo le chiavi di casa ... che non trovai! Erano rimaste sulla mensola assieme al cellulare! La convinzione che sarebbe stata una mattinata di tutto riposo, fisico e mentale stava svanendo. Avevo le copie delle chiavi a casa da mia madre, quindi, prima di fare tutti i giri programmati, dovevo passare da lei, che non abitava tanto distante dalla mia. Inforcai nuovamente la bicicletta e i libri, che erano fissati al portaoggetti posteriore, caddero a terra. Piegandomi per raccoglierli mi accorsi che il copertone posteriore era afflosciato! Guardai l’ora e nel datario notai il giorno e data: Venerdì 17! Superstizioso io? No!
 
Dafne Adranno
 
Invece, appena entrata nel bar, mi squillò il telefono: era mia sorella che e mi chiedeva di badare a sua figlia perché l’avevano chiamata gli affittuari per una perdita e doveva andare subito all’appartamento. E allora, via sulla bicicletta e a casa di Chiara, che uscì in fretta e furia. In due secondi ero rimasta da sola con mia nipote: Nicole; otto anni; grandissima abilità nel far fare alle persone tutto ciò che vuole. Aveva già finito i compiti per il lunedì dopo e presto avanzò la sua richiesta: «Zietta, andiamo al luna park? Di mattina c’è meno gente».
«Ma certo, tesoro». Debole.
Al Montagnone, Nicole mi trascinò verso una barca. Mi correggo: un’enorme, terrificante barca, che dondolava avanti e indietro, sempre più in alto, sempre più veloce. In un battito di ciglia, mi ritrovai bloccata su quella macchina infernale. In quella che percepii come un’infinita caduta, iniziai a sentire qualcosa abbandonare il suo posto nello stomaco e farsi strada pian piano verso l’alto.
Una volta toccata la terraferma, una cosa mi fu chiara: mai più macedonia di prima mattina.
 
Rosaria Nazionale
 
Devo dire che la mattinata ci fu, il riposo meno. Appena il tempo di afferrare il giornale che mi ricordai di non aver prelevato. Tornai indietro per prendere il portafoglio. Ringraziai me stessa per non aver bevuto il caffè senza un soldo. Ma i ringraziamenti durarono poco. Stavo per infilare la carta nel postamat, ecco la visione! LA BORSA CON I LIBRI DA RESTITUIRE SUL TAVOLO! Già imprecavo mentre i soldi uscivano dalla fessura. Tornai indietro. Avevo già fatto 9 km e non avevo ancora né il giornale, né bevuto il caffè. Disperata presi i libri e mentre pedalavo fiera di me stessa per non essermi arresa agli eventi bizzarri della vita, avevo la sensazione che qualcosa non quadrasse. Adesso avevo tutto, soldi, libri, tempo e un bel caffè davanti. Credetti per un attimo che fosse solo una spiacevole sensazione, ma il movimento delle 50 euro nel  verifica banconote mi portò nel baratro della disperazione e compresi: NON AVEVO RITIRATO LA CARTA DAL POSTAMAT. Visualizzai “Estrarre tra 30 secondi”. Il tempo trascorse così tra numeri, pensioni , bollettini e l’amaro del caffè in bocca.
 
Nicoletta Bertazza
 
Ero ferma a un semaforo rosso sulla ciclabile, godendomi il tepore del sole sulla schiena, quando mi affiancò un’elegante signora sulla cinquantina in sella a una bici nuova fiammante. Notando che un lembo del foulard che aveva sulle spalle rischiava di impigliarsi nella ruota posteriore, mi parve gentile avvisarla. Per tutta risposta lei sibilò un ben poco cortese "si faccia i fatti suoi." Mentre tentavo di fare appello alla mia parte meditativa affinché quella rispostaccia non mi rovinasse la giornata, tornò il verde e la signora partì con uno scatto che manco Pantani dei tempi d'oro. Il foulard finì nella ruota provocandole una rovinosa caduta. Mi fermai per darle una mano, mentre lei imbarazzatissima cercava di rialzarsi in fretta. Vidi che non aveva riportato danni rilevanti, mentre il foulard (un Hermès che valeva forse la metà del mio stipendio) era invece piuttosto malconcio dopo il giretto tra i raggi della bici. Sorridendo tra me e me pensai che dopotutto la mia giornata non era affatto rovinata.
 
Lisa Capozzi
 
Amore… sempre
Presi la bici . Il sole filtrava attraverso gli occhiali scuri che indossavo.  Davanti all’edicola. Acquistai alcuni quotidiani, qualche   rivista patinata di scienze o storia, e nel  reparto cucina, uncinetto. Ricordai che avevo prenotato una rivista di mitologia raccontata ai bimbi per la scuola dove insegnavo. Arrivo al bar . Golosa scelgo: una treccina di brioche, crema  con gocce cioccolato, e un  cappuccio. Passo in biblioteca e cerco l’ultimo libro di Knausgard .Mi avvio  , vedo Paolo mio Amore. Nel vederlo il cuore mi batte .Lui mi invita a casa sua. Avviso i miei . A casa  sua sono a mio agio. Accende lo stereo: musica classica. Mi lavo i denti. Mi accomodo sul divano, lui vicino a me mi cinge le spalle, mi bacia. Ci spogliamo quando si sente: ”TUTTO QUI?” il pappagallo in gabbia. Noi due travolti dalla passione ci uniamo in un amplesso che suggella il nostro amore.” Ti amo” mi dice Paolo” Anche io” rispondo. Alla fine dalla gabbia “BRAVI”  Ci vestiamo e riparto per casa . Mamma mi chiede “ Che aria contenta, come mai? Ed io: “ Ho visto Paolo” che la sera mi chiama e  dice:” Che bella giornata vero Serena? “ “ SI tesoro” dico io. Due mesi dopo niente mestrui .Compro test- gravidanza: Positivo. Debbo dirglielo  Due sere dopo lo trovo a casa: alla notizia “UN BIMBO NOSTRO, SI. FELICI  .  Avvisiamo i nostri genitori, che  pensano ad avvisare i parenti. 7 mesi dopo nasce un bel maschietto. I nostri genitori ci  aiutano a comprare casa.  Mettiamo in piedi una bella famiglia con GEORGES il nostro bimbo, che cresce bene e lo educherò a fare il cittadino Italiano d’ Europa e del Mondo di domani.
 
Anonimo
 
Il segreto del momento!
Il giornalaio ex giardini Standa,   : Corriere, Repubblica, Stampa, e rivista di viaggi,  e Lupo Alberto.
Arrivo al bar . Entro, Isa appare e dico :” Quando puoi per me una pasta vuota ed un cappuccio appena tiepido. Grazie.
E non si parla di altro, visto il Carlino della mattina: trovato cadavere  di donna in un canale con piedi legati in un sacco dentro un fiume. E chi sarà stato ??? Una giovane donna il giornale parla di suicidio, ma proseguono gli accertamenti degli inquirenti. Lavoro in un ente pubblico.  Due mattine dopo  arriva la questura che sta cercando una persona dal nome li indirizzo al secondo piano. I giorni passano e il mio collega di stanza mi suscita  sospetti, sembra nascondere qualcosa. Da qualche tempo si trascura, barba incolta non si lava, e puzza . E’ depresso e non parla con nessuno. Sposato separato con una figlia molto malata. E’ stanco di tutto e tutti, le donne le odia, e se può le distrugge uccidendole. Che scelte! Che inferno una vita così. Un po’ di tempo passa e da colleghe amiche vengo a sapere che forse dalla donna morta defunta ha ereditato denaro. Curiosa cerco a voltura che faccia testo a ciò. SPARITA. Mistero.
LA figlia di salute peggiora è giovane ma già vecchia per come si comporta e come ha “preso” la Vita. Lui isolato sempre solo, per darsi un tono perbene paga cene a casa sua ad un gruppetto  di amici.
Con la testa e sempre assente preso dai suoi “problemi” irrisolti teorici e pratici.
CHI FA DI SUA TESTA E DIMOSTRA DI NON AVERLA PAGA DI SUA TASCA ED E’ UNA VERITA’
E DI QUELLA DONNA MORTA NEL CANALE LUI   SI DICE INNOCENTE. ED E’ A PIEDE LIBERO!
 
Ester Droghetti
 
Un mondo nuovo
Arrivo al bar, caffè e pasta. I saluti,  sempre i soliti : le maestre della  scuola, alcune mamme che fanno “FILO’” parlando dei loro bimbi.  Acquisto il quotidiano,  e a casa. Mi tolgo la giacca e intanto ..sento.. un SONNO..  Vado a dormire. Sogno e mi appare uno  strano uomo, molto simile a noi, con due occhioni neri e tondi. Arriva da un pianeta 400 anni luce da noi, e mi racconta che da loro  la vita e in PACE no guerre e più benessere. E si nutre con palline colorate . Io gli illustro i miei menù, lui sostiene che ci sono troppi obesi . “E proprio un’ altro mondo il vostro” dico io”.” E prosegue i loro giovani sono studiosi , volenterosi e indaffarati per far si che tutto funzioni. E   i loro figli si preparano per una vita lunga e in salute. Il  servizio sanitario è efficiente e ben impostato. Si vive di media 150 anni . E giunto a noi con l’astronave e lui è astronauta. Pure noi nel 1969 gli USA sono arrivati sulla LUNA, sperano di arrivare su Marte. Ad una parete vi e un vaso di fiori da me dipinto, e chiedo se anche da loro usa. Mi risponde che stampano immagini in 3d stampate  mono o a  più colori.
Ha una tuta grigia da astronauta, parla con un tubicino nel naso. Io  ho messo una gonna pantalone a fiorellini ed una maglietta in tinta con una scritta con strass …LOVE……Sento una voce, mi sveglio, mio marito che dice che ha telefonato nostro figlio e ci chiede per il pomeriggio di ospitare il nipotino che loro sono impegnati.” Va bene” rispondo.
Faccio i lavori di casa e nel pomeriggio racconterò a  MARCEL  il sogno di stamattina.
 
Stefania Raschillá
 
Mi piace andare in bicicletta; mi distende e mi permette di raccogliermi in me stessa e pensare. È lì che mi vengono le idee migliori.
Ma era destino che quel giorno fosse tutto tranne che riposante. Forse fu colpa del tepore del sole che mi accarezzava la pelle, forse avevo la testa tra le nuvole: fatto sta che non notai un grosso ciottolo in mezzo alla strada e ci andai a sbattere contro. Risultato: caddi rovinosamente a faccia avanti sul selciato, riportando escoriazioni al viso e all’addome. Per fortuna in quel momento la strada era sgombra, tranne che per l’auto di uno sconosciuto, che mi aiutò a rialzarmi e insistette per accompagnarmi all’ospedale. Sentivo la testa girarmi e male in tutto il corpo.
Al Pronto Soccorso rimanemmo per ore, parlando di tutto ciò che ci passava per la testa, dei nostri gusti, dei nostri pensieri e desideri. Lui attese che mi medicassero, poi mi riaccompagnò a casa.
Ci salutammo con la promessa di rivederci presto. Ma non per una gita in bicicletta…
 
Annalisa Lo Piccolo
 
L’invité inattendu
Convinzione non proprio corrispondente alla realtà, poiché da qualche mese all’incertezza della libera professione avevo preferito un rassicurante impiego da dipendente in una boutique del centro. Niente biblioteca ahimé, ma dopo edicola e caffè si lega la bici e si alza la saracinesca. Incontro la collega, accendiamo le luci e, nell’apprestarci all’abituale pulizia esterna, vediamo avvicinarsi un gatto. Una gatta in verità, ad avvalorare la convinzione che vede le profumerie a esclusivo appannaggio femminile. Con indifferente e proterva felinità, ci guarda di sfuggita ed entra in negozio con passo sicuro. Scruta ogni angolo, ci concede qualche fugace moina, ispeziona il magazzino e, oramai padrona degli spazi, passa alla vetrina. Con nonchalance lascia scivolare un foulard lì esposto e vi si acciambella teneramente sopra, godendosi il tiepido riflesso del sole. Passanti, clienti, titolare, nessuno può esimersi dal sorridere, stregati da tanta raffinata determinazione e deliziati dalla serenità dell’inattesa ospite, capace di imprimere nella memoria anche un sabato come tanti.
 
Esperio Senes
 
In biblioteca al banco dei prestiti c’era la mia signora preferita. Beninteso, le amavo e le amo tutte, ma sono diverse, come i colori dell’arcobaleno.
Sul banco notai un tomo con un  bella copertina di tela verde oliva sulla quale spiccavano il nome dell’autore e il titolo : Nostradamus, Le Profezie. Perfetto per un’oretta di lettura amena in giardino.
“Posso darci un’occhiata?” chiesi.
“Prego, è appena rientrato”, rispose lei con un sorriso.
Lunga storia la mia con Nostradamus e con le profezie in generale. Una passione non corrisposta, istintiva, ma mai soddisfatta, soffocata da una tetragona pratica scientifica.
Mi sistemai in giardino e aprii a caso. A sinistra il testo originale in criptico francese cinquecentesco, a destra la misericordiosa traduzione.
“Au fond d'Asie naîtra la couronne
Du souris chauve au milieu du marché
De l'entreprinse grande confusion
Mis en mal le globe d’or et d’argent"
Anche stavolta, buca o quasi. Stiracchiata, ma suggestiva la  finanza globale in rovina, anzi magari sarebbe ora. Ma una monarchia dall’estremo dell’Asia nata da un pipistrello al mercato? Bah!
Sospirai e richiusi il libro.
 
Sara Zanella
 
Ma non fu proprio così..... Dopo essere andato dal giornalaio e al bar, mi recai in biblioteca ma, ad un certo punto, mentre stavo estraendo un libro dallo scaffale si aprì una porticina; preso dall’entusiasmo e dalla curiosità decisi di entrarci. Mi ritrovai in un luogo molto simile e allo stesso tempo diverso da quello in cui mi trovavo prima di varcare la soglia della porta (stesso luogo ma epoca diversa). Pensai che fosse una porta temporale visto che a giudicare dal luogo mi sembrava di essere all’epoca dei duchi. Mi ricordai che in quell’epoca visse Enrico d’Este, duca di Ferrara. Dopo qualche passeggiata qua e là incontrai il duca in persona, un vero colpo di fortuna pensai. A quel punto chiacchierammo un po’ e mi invitò a fare un giro nei luoghi caratteristici di Ferrara. Io accettai volentieri, e lui mi portò al Castello Estense, dove viveva con la sua famiglia. Mi raccontò tutta la sua storia e quella dei duchi passati. Rimasi per un banchetto serale poi dovetti tornare anch’io dalla mia famiglia. Ci salutammo e lui mi diede uno stemma raffigurante il Castello Estense che ancora conservo dopo tanti anni.
 
Alessio Palumbo
 
Pedalai alcuni minuti per le vie ciottolate del centro, osservando con un sorriso le persone che camminavano lungo i marciapiedi. Ero contento, il tepore del sole riscaldava finalmente il viso ed il corpo. D'improvviso il telefono squillò. Si trattava di un amico che non sentivo da un paio di settimane. Appena risposi mi chiese se fossi pronto per andare. Rimasi in silenzio e cercai di pensare a cosa si riferisse. Mi ripetè la domanda, ma questa volta mi domandò anche a che ora sarei andato alla Spal. Sbarrai gli occhi, anche se non poteva vedere la mia reazione. Non ci potevo credere. Avevo dimenticato che questo fine settimana la Spal avrebbe giocato di sabato anziché domenica, e per giunta all'ora di pranzo. Mancavano due ore alla partita ma significava che ero già in ritardo. Il mio solito posto era infatti sui gradoni della curva. Lo ringraziai della chiamata, pedalai di tutta fretta verso casa e presi la sciarpa della Spal. Sorrisi di gioia. Un normale sabato si era trasformato in una partita della Spal.
 
Annamaria Cinti
 
Pedalai piano, non avevo fretta, mi piaceva lasciarmi avvolgere dal tepore ed illuminare il viso dal sole che faceva capolino qua e là tra gli alberi e le case. Ogni tanto volgevo lo sguardo ai giardini fioriti delle ville che affiancavo. Quanti colori, quante varietà di piante!
Proseguii per via Garibaldi facendo un po' di slalom tra i pedoni che la affollavano. Arrivai in centro e vidi capannelli di persone che parlottavano concitatamente. Non vi prestai troppa attenzione. Più avanti, però, in via Mazzini, tra il brusio generale, captai sillabe incomprensibili:… demia… virus… cov… Cominciai ad agitarmi. Arrivai finalmente in biblioteca e, col cuore alleggerito incrociai lo sguardo sereno della addetta ai prestiti. Qualche parola di circostanza, qualche battuta di spirito e via. Uno strano turbamento, però, si insinuò dentro di me.
Rimaneva nell’aria un che di sospeso ma non seppi trovare una risposta. Tornai a casa rimuginando pensieri che non mi diedero pace fino a sera. Poi, sfinita, mi addormentai davanti al televisore acceso…
 
M. Angela Malacarne
 
Finiamola (la realtà)
Qualche pedalata, e la sensazione che qualcosa non andava. Intanto, non c’era nessuno, proprio nessuno. Certo, era normale per un sabato mattina presto, tutti a casa per la giornata di festa. Girato l’angolo c’era un silenzio irreale: sembrava che fossi  rimasta l’unica abitante sulla faccia della terra. Oggi era davvero un deserto. A metà strada, nella fontana, veleggiavano due splendidi cigni. Una bella immagine, lì c’erano, di solito, tre striminziti pesci rossi. Poco più in là, un’anatra attraversava la strada con i suoi pulcini. Niente macchine, niente voci, il rumore di fondo azzerato. Di esseri umani solo io. Alcune lepri scorrazzavano lungo i marciapiedi, facendo a gara. Una volpe, sull’incrocio, mi osservava lisciandosi la folta coda, avrei detto con occhi divertiti. Una tribù di cinghiali banchettava tranquillamente davanti al bar. Il cinghiale più grosso, al mio arrivo, aveva alzato il muso, mostrandomi le zanne. Il bar era chiuso. Un atmosfera da day after, popolata di soli animali. Mi avviai all’edicola; lì si riposava una coppia di lupi con i cuccioli. A quel punto, la parte razionale della mia mente si ribellò e mi svegliai aprendo gli occhi. Era stato un sogno, uno strano sogno, ma quale sogno non lo è. Cominciai a preparare la macedonia di frutta…
 
Francesca Carletti
 
Eccomi in biblioteca, uno dei posti più civili del mondo: solo parole sensate se si aprono i libri giusti, se no un indiscutibile silenzio d'attesa e riposo. Oggi mi voglio perdere tra gli scaffali come chi non sa dove andare, cerco i nascosti, i libri finiti negli scaffali più in basso, più in ombra. Arrivo alla letteratura, è quella tedesca: potrei trovare quel Alfred Doblin da tempo programmato, invece la mano spinge verso un enorme Einaudi che non è L'uomo senza qualità, non sono ancora alla lettera M. Lo apro ed esce un quadro della Germania del 1903: "Fece infine la cosa più ragionevole: partì alla data stabilita. Ma si sentiva come staccato a forza, il viaggio non riusciva a dargli la solita gioia, e ad ogni buon conto lasciò a Colonia una parte della sua roba, vi lasciò anche la sua bicicletta." Hmm, partire lasciando qualcosa... L'atmosfera de I sonnambuli non mi lascia più, abbraccio il libro, passo al prestito e poi verso l'uscita sulla mia bicicletta che mai potrei lasciare.
 
Stefano Scagliarini
 
Lo stesso bel sabato di primavera, dall’altra parte della città. Mi ero alzato, ma mi sentivo stanco, molto stanco. Un morso ai resti della pizza della sera prima, come facevo ogni mattina ormai da anni. Sul tavolino sette bottiglie di birra, vuote quasi tutte, insufficienti. Dallo schermo della televisione un personaggio poco affidabile proponeva senza nemmeno crederci l’acquisto di una triste batteria di pentole. Ero confuso, ma doveva essere la stessa scena con la quale mi ero addormentato la notte scorsa. A quel punto dovevo uscire. Le tappe: tabaccaio, bar per caffè corretto e birra fresca, poi passaggio in biblioteca per riconsegnare un paio di libri, compito che mi aveva affibbiato Laura quando aveva iniziato il periodo dei domiciliari. E quella mattina era il limite per evitarle la multa, quindi improponibile non andare. Salii sulla bici e mi avviai, con la consapevolezza che sarebbe stata l’ennesima mattinata deprimente.
Due ore dopo ero sul viale della biblioteca, cinque minuti alla chiusura. Ansimando accelerai. All’ultimo incrocio un ciclista alla mia destra mi prese in pieno ed entrambi volammo sull’asfalto. Quattro libri a terra con la stessa targhetta.
 
Marta Gatti
 
Al bar ho ordinato il mio solito caffè macchiato, e proprio mentre mi accingevo a sorseggiare l’ultima goccia, è entrato un tizio spalancando d’improvviso la porta e gridando: “Aiuto! C’è un medico? Mia moglie è stata investita!”. L’uomo ci mise poco per accorgersi che non c’erano medici in quel bar, così una mandria di curiosi, si sono precipitati per chiedere all’uomo se avesse bisogno d’aiuto. In poco tempo la strada di fronte al bar si riempì di gente, l’ambulanza portò via la donna, la quale aveva solo una gamba fratturata e un leggero trauma cranico, e accorsero i Carabinieri che constatarono che era stato un incidente e ritirarono la patente ad un’anziana Signora con la cloche visibilmente dispiaciuta. Dopo poco il trambusto finì e mentre uscivo dal bar un po’ frastornata, ma decisa a continuare la mia mattinata di riposo, guardai all’angolo dell’ingresso del bar e notai una borsa fucsia appoggiata al muro; la raccolsi. Pensai fosse di qualcuno che nella baraonda l’aveva dimenticata. Guardandoci dentro rimasi stupefatta, c’era un gattino grigio che dormiva beatamente. Con nonchalance presi la mia bicicletta, misi la borsa nel cestino, e andai verso casa, accarezzando di tanto in tanto il gatto per tranquillizzarlo, convinta che la mia mattinata avesse preso ormai un’altra piega.
 
Sara Scagliarini
 
Ero solito pedalare verso il centro della città osservando la vivacità del mio quartiere: i venditori che preparano il banchetto per il mercato, i giovani universitari che sorseggiano un cappuccino all’originale “bar-libreria”…
Ma quella mattina riflettevo.
Pensai che ormai da anni, direi da quando mi dimisero dall’ospedale, il “piano della giornata” che tanto mi infondeva letizia e tranquillità, era sempre molto simile. Che fosse sabato, lunedì, giovedì: macedonia, notizie, caffè e biblioteca.  Incontravo sempre le solite persone, ci salutavamo a distanza con le solite frasi. Beh, però i libri che prendevo in prestito erano ogni giorno diversi, ogni volta un genere particolare, per aprire ed arricchire la mente, no?
Però ecco, al momento non ne ricordo nemmeno uno. Non ricordo neanche la trama di quelli che ho nella sacca, ma sono un po’ fiacco, d’altronde è ancora presto.
I pensieri mi distrassero e persi il controllo della bicicletta, stavo per schiantarmi contro la vetrina di un negozio. Chiusi gli occhi per paura, ma li riaprii poco dopo: pedalavo tranquillamente per la mia solita strada, in lontananza la signora De Giorgi mi salutava con la mano tesa, come ogni mattina: quei libri li avevo mai letti?
 
Fiorenza Simonazzi
 
Pedalai lungo il viale alberato, comprai il giornale, bevvi il mio caffè e mi avviai verso la biblioteca. Uno dei due libri da  riconsegnare  era un bel romanzo e me lo ero goduto, invece l’altro l’avevo sfogliato distrattamente, sembrava uno di quei manuali di auto-aiuto che detesto. Quando uscii dalla biblioteca, prima di ritornare a casa, mi sedetti sul marciapiede, accanto alla bicicletta.  Il sole era delicato e avvolgente, il cielo azzurrissimo, una coppia anziana camminava tenendosi per mano, una ragazza era immersa nei suoi sogni, una coccinella stava avanzando piano sulla mia scarpa e un tarassaco e una margherita erano tanto vicini che sembravano parlarsi…La donna che amavo non c’era in quei giorni, ma la sua mancanza, in quel momento, diventò una forte presenza. All’improvviso, sentii tutta la potenza creatrice della vita e capii che anch’io ne facevo parte. Sentii di appartenere a un Tutto pieno di sofferenza ma anche di sconvolgente bellezza. Mi ricordai che il libro che avevo scartato parlava della gratitudine, un sentimento a cui non ho mai dato troppa importanza.  Un sabato normale, di tutto riposo, come tanti, ma in me era germogliata una nuova possibilità di guardare alla vita.
 
Sergio Pavanini
 
Il giornalaio era chiuso, il caffè invece delizioso come sempre. Arrivo davanti alla biblioteca e lego la bici in un posto un po' isolato, non si sa mai... entro e c'è una nuova bibliotecaria. È giovane e molto carina. Mentre riconsegno i libri mi sorride e si inventa qualcosa di spiritoso. Rispondo un po' imbarazzato e cerco di non guardarla negli occhi. Mi sorride ancora e mi segue con lo sguardo mentre vado a sedermi. Non voglio le sue attenzioni, allora scelgo il posto meno in vista e apro un quotidiano per nascondermi. Ho l'impressione che mi osservi da lontano, così dopo un po' abbasso leggermente il giornale e controllo: mi sta ancora sorridendo! Decido di andarmene, devo solo aspettare il momento più opportuno. Arriva un altro a riconsegnare dei libri, mi sta coprendo, perfetto! Senza farmi vedere mi alzo ed esco in fretta, quando sento la bibliotecaria che mi chiama. Corro via e mi nascondo dietro un albero. Mi rincorre ma desiste quasi subito, dal mio nascondiglio la vedo mentre rientra stizzita. Bene. Anche questa volta è andata. Per sicurezza aspetto ancora un po’, poi me ne vado soddisfatto con il giornale in tasca. Tornerò più tardi a riprendere la bici, il colpevole torna sempre sul luogo del delitto…
 
Daniela Cappagli
 
Arrivata all’angolo di Via Scienze con Via Mazzini, mentre stavo per svoltare verso l’ingresso dell’Ariostea, mi sentii chiamare da due sorridenti ragazze che, agitavano le braccia per attirare la mia attenzione. Non le riconobbi subito ma, incuriosita, mi fermai. Arrivarono veloci e mi abbracciarono. “Profe come sta?” Gli occhi, quegli occhi che ho visto per tre anni tutte le mattine, mi hanno riportato a loro. Che gioia improvvisa rivederle oggi. Sono diventate ‘importanti’ e lavorano all’estero come molti nostri giovani laureati. Prendemmo un caffè al bar della biblioteca e conversammo un po'. Le immagini delle nostre vite scorrevano veloci tra il passato e il presente, le nostre parole suonavano bene nei visi lieti. Sembrava che non ci fossimo mai lasciate: la stessa fiducia, la stessa confidenza. Un parlare diverso oggi, più maturo e personale, ma la stessa intesa di allora percorreva i discorsi. Loro nella classe a Ferrara, loro cittadine del mondo oggi.
Ci siamo salutate con l’impegno di ritrovarci ancora, magari là all’Ariostea, con la stessa profonda consonanza.
 
Roberto Franciosi
 
Prima delusione della giornata: il giornalaio ha la serranda abbassata. Passo in rassegna mentalmente le ragioni possibili di questa situazione, ma non riesco a trovarne una convincente. Inutile rimanere fermo qui davanti con lo sguardo tipico di un bambino che ha perso la palla. Passerò davanti ad un’altra edicola. Due svolte, poche pedalate e arrivo davanti al bar… chiuso. No. Mi sfugge un inizio di risata immaginando una impossibile tresca tra il giornalaio e la barista, colti da un raptus improvviso. Assurdo ma divertente. Scendo dalla bici ripassando i motivi possibili della doppia chiusura, attraverso le strisce chiedendomi se la signora delle biblioteca ne sa il motivo, se n’è accorta, non lo ha notato per niente, non va mai al bar, non prende i giornali perché ci sono in biblioteca, o ... anche la biblioteca è chiusa. Allora devo capire. Arrivo a casa leggermente affannato, butto la bici, cerco il cellulare, e mentre vedo 24 chiamate perse e 41 whatsapp, il tizio alla radio sta dicendo “…in questa terza domenica di aprile…”. L’aperitivo di venerdì era decisamente troppo alcoolico.

                                                                   * Fine *         

                                      
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